martedì 5 dicembre 2017

La voglia

Oggi mi è ripresa la voglia. Di scrivere. Di calze. Di zucchero a velo. Di scarpette rosa. Di tempo da dedicarmi. In realtà quel tempo me li sono già faticosamente ripreso. Danzo. Per me. Davanti al mio pubblico immaginario. Ho un divano di fronte a me e grandi finestre alle spalle. Il giradischi sa cosa suonare. E io mi muovo fluida, sento il mio respiro, i miei battiti, e guardo tutti negli occhi. Il collo del piede è un pendio dolce sul quale scivolano i miei occhi. Mi abbraccio. Mi tendo. Faccio spazio fuori e dentro di me.
Resisto al dolore per dimostrargli che so vincerlo, alla fatica che non è posa, alle bassezze che mi regalano centimetri.
Si aprano le danze.

sabato 7 ottobre 2017

L'abbraccio dimenticato

Io respiravo la tua aria e sapevi di burro e di zucchero. Le tue mani mi lavavano il viso piccolo con acqua tiepida e carezze cremose.
Avevo due, tre poi quattro anni e vorrei poter avere quel fazzoletto ricamato che nascondevi nella tasca della giacca blu tessuta a mano dalla magliaia del piano di sotto. La signorina Pellegrino. Ricordo il rumore di notte della macchina da maglieria che andava su e giù con ritmo incessante.
E poi quel pianto nascosto che facevi solo davanti a me mentre giocavo con il medaglione che portavi al collo.
- Nonna chi è questa bambina vestita da sposa?
- La zia Cecchina
E le lacrime ti solcavano il volto di pasta di mandorla senza sciogliere quel meraviglioso sorriso con il tuo rouge lancôme.

Ciao nonna.
Ciao Concettina. Non è stata colpa tua.

venerdì 21 luglio 2017

Allo.specchio

Oggi mi sono vista.
Mi hanno detto che sento e non ascolto. Raccolgo un attimo i pensieri e lascio che qualcuno mi allacci le scarpe solo perché ha voglia di farlo e non perché gliel'ho chiesto.
In fondo è così che dovrebbe essere. Sentirsi amati  perché ce lo meritiamo ma non lo pretendiamo.

martedì 27 giugno 2017

Ricomincio da chi c'è

Ciao sono Sissi, ti ricordi?

Domenica sera. Non ci vedevamo da una vita.

Stessi occhi, capelli colori.

Il piacere di ritrovarsi di chi ha solcato mari agitati.

Amiche si nasce, non si diventa.

Sono qui per questo.

La vita toglie, la vita dà.

Grazie alle amiche e amici che mi hanno aspettato, a quelli che sono andati via, a quelli che devo ancora

incontrare.

Forse ha smesso di piovere.

Dedicato.

lunedì 22 maggio 2017

Il pretendente

La zia Cia lo aspettava ogni pomeriggio per una tazza di caffè macinato fresco. Lui le portava un vassoio di dolcetti di pasta di mandorla e i fichi secchi con dentro una mandorla tostata. Si accomodava sulla poltrona nel soggiorno mentre lei si affacendava in cucina.
Non era il suo tipo. Diceva la zia. Troppo affidabile e puntuale.
Lei aspettava il suo bell'Antonio. Che inesorabile come un temporale di fine estate per lei lasciò moglie e quattro figli. Lo aveva atteso tutta la vita, con un paio di forbici ed un ago in mano. L'amore si cuce addosso. Le grinze le porta il vento.

lunedì 8 maggio 2017

Strani giorni

Oggi pensavo a quanto diventare donna significhi scendere dai tacchi e provare a trovare le note giuste in mezzo a tanti tasti da sfiorare.
Voglio sentire il freddo e il caldo, la morbidezza e le asperità, la dolcezza e la durezza, gli spigoli e le rotondità, voglio essere concava e convessa, accogliente e respingente, donna e bambina.
Mi metto in punta di piedi.
Guardando al di là  del muro potrò dire di essere diventata grande.

venerdì 28 aprile 2017

Il tempo delle mele

Quell'età bellissima in cui la vita è ancora tutta da scrivere e hai milioni di secondi da riempire di te e dei tuoi sogni. E i miei erano tanti.
Le cuffie con la canzone del cuore e gli occhioni sgranati come quelli di Sophie Marceau sono rimasti gli stessi.
Indosso ancora la musica a occhi chiusi, mentre trafelata bevo il mio caffè, metto la matita intorno agli occhi e faccio le smorfiette con le labbra allo specchio per far aderire il rossetto.
Chiudo gli occhi e penso che ci sei.

mercoledì 19 aprile 2017

Piccole donne crescono

Se ora ci vedessi ci troveresti così fatue nella nostra irrimediabile maturità. Abbiamo il fuoco tra le mani e a volte il cuore freddo. Siamo venute a Bologna e ad ogni passo sei dietro di noi. Mi mancano quei passi fermi, il suono delle tue suole cucite a mano che risuonano sul marciapiede, le tue camicie inamidate, la tua borsa 24 ore e le tue valigie con abiti rigorosamente blu da indossare in fiera. 
Il tempo è bello, aspetto torni il sereno.

martedì 11 aprile 2017

Le arti e relativi risvolti

Ricordo mia nonna quando raccontava di quelli che facevano l'amore, che non erano necessariamente fidanzati ma uniti da un'irrefrenabile passione. E quello la voleva...mi diceva. E lei nonna? Chiedevo io...e pure lei figlia mia... però non glielo faceva capire. Che tutto arriva per chi sa attendere tesoro mio.
Ed io me ne andavo in giro con occhi sognanti. E poi alle volte i discorsi diventavano proibiti e a noi bambine ci liquidavano con due caramelle rossana e tre cioccolatini del grifo perugina al latte. Mia nonna profumava di zucchero e cannella. Labbra scarlatte su denti bianchissimi sui quali a volte il rossetto si appiccicava un po', ma io non avevo il coraggio di dirglielo.
In quelle riunioni tra sole donne,  dietro porte socchiuse, rumore di ventagli e sottane, riecheggiava una parola...arti...
Quiddra tenia le arti, ripeteva mia nonna a sua sorella la zia Cia e a mia madre che stava lì per educazione ma non partecipava emotivamente.
Troppo timorata di Dio.
Quiddra tenia le arti...
Saper fare l'amore era conoscere un'arte. Come saper disegnare piuttosto che suonare il violino.
E intanto la zia si toglieva le scarpe .. e dondolava i suoi piedi da bambola confezionati in calze di colore
grigio fumo di londra.

martedì 4 aprile 2017

Scarpette rosa

La Signorina Hebert era davvero severa. Insegnante tedesca di danza classica, dal portamento altero ed austero. Mi preparavo bene per la sua lezione. Lo chignon doveva essere perfetto e mamma aveva realizzato un piccolo crochet rosa all'uncinetto nel quale strizzavo quella crocchia tenera e ribelle. Body nero, calze bianche, scarpette rosa. Ricordo l'odore della pece lasciata in un angolo dove andavamo a strofinare le suole per non scivolare. E mi sembra di poter sentire ancora il suono del bastone della Hebert che lo batteva per terra a segnare il ritmo.
Preparavamo il saggio di fine anno. Cominciammo a studiare la coreografia. Io la memorizzai agevolmente, tanto che mi tolse dal gruppo e mi mise insieme ad una bambina di un corso più avanzato che ci guidava nell'apprendere i passi. Il saggio si cominciava a preparare a febbraio per poi esibirsi nel teatro più bello  a giugno.
Ero in prima fila, non mancai nemmeno ad una prova.
Non andai mai in scena.
Presi la rosolia, contagiata da mia sorella che pure partecipava allo spettacolo ma odiava danzare.
Di quel momento conservo l'entusiasmo del dare sempre il massimo e la delusione disperata della vita che ti stravolge le carte e ti spettina lo chignon. Le scarpette rosa sono parte di me.

venerdì 24 marzo 2017

Le scarpe della sposa

Era interamente in pizzo l'abito, ricamato e con uno scollo a cuore. Sembrava una bambola di quelle che si mettono sui letti in certe case, in alcuni luoghi.
Fece un'infinità di prove davanti a quello specchio che le restituiva una piccola che stava per diventare la sua diletta. Ma di chi? Per chi? Lui l'amava ma amava l'immagine di sè con lei accanto. L'amore è un'altra cosa. È non vedere se  stessi ma solo l'altro. Mischiare capelli, liquidi, materia, sostanza, anima.
Le scarpe. Ah si. Le scarpe.
Certi dettagli aiutano a non pensare. La regina madre le aveva ordinate su misura per la nuora, insieme alle sue. Tacco comodo, non troppo alto che fa volgare. Eppure lei le avrebbe sapute portare. Aveva preso un metro di pizzo in più per farle rivestire. Ton sur ton. Vestito e scarpe. Come al solito lei non aveva avuto la forza di opporsi. Sorrideva a tutti, gentile con tutti.
Arrivò in chiesa da sola con suo padre. Puoi camminare? Le aveva chiesto.
Vorrei rispondergli oggi.
No papà.

martedì 21 marzo 2017

Firenze lo sai


Avevo vent'anni. Ero una bimba. Capelli lunghi, labbra gonfie e morbide. Indossavo jeans e pantaloni larghi per andare a lezione all'Università in via Laura.  Firenze riuscì a cambiarmi. Mi vestiva dalla testa ai piedi. Intimo, collant setificati Philippe Matignon, abiti Blumarine, décolleté Prada. Le avevo di tutti i colori. Da Raspini eravamo clienti abituali. Giocavo a fare la grande. Come facevo da piccola quando indossavo gli zatteroni della nonna. Lui mi guardava con i suoi occhi sempre umidi e malinconici mentre le indossavo nel negozio. Strisciava la carta di credito contento. Io provavo una strana ed euforica nostalgia.

martedì 14 marzo 2017

Stivali rossi

Li avevo visti in vetrina più o meno a metà novembre, eppure per il compleanno del 27 non erano arrivati. Rimasi fiduciosa. C'era ancora Natale. Tutto arriva per chi sa attendere... diceva mia nonna.
Correva l'anno 1983.
Non ricordo esattamente il giorno, ma un pomeriggio piovoso ero sola in casa a fare i compiti, mamma era uscita a fare la spesa.
Entrai nella sua camera da letto immensa e decisi di dare una sbirciatina dietro la tenda. Vidi una scatola dall'aspetto inequivocabile. Erano i miei amati stivali rossi! Tolsi la velina lentamente e li indossai. Erano magnifici.
Il tempo di una piroetta e li rimisi nella scatola.
Quel Natale la mia meraviglia fu esagerata.

domenica 12 marzo 2017

Klaus, il primo nibelungo

Disegnava scarpe nel salone di casa. La mattina io mi affacciavo  con la cartella sulle spalle e lo guardavo circondato  dai suoi bozzetti sul tavolo di cristallo e acciaio anni '70.
Mamma a pranzo cucinava anche per lui, pasta fatta in casa e polpette.
Io mi incantavo a guardarlo, ferma, in silenzio. Sapevo che di lì a poco papà avrebbe preparato gli inviti per i suoi clienti per la fiera e io ero l'addetta che appiccicava i francobolli sulle buste.
Mi sentivo fiera, profumo di pelle, un tedesco alto e biondo in casa, papà che scriveva a mano gli indirizzi sulle buste. Ero parte di un progetto di vita e d'amore.

lunedì 6 marzo 2017

Profumo di pelle

Se chiudo gli occhi sento ancora il profumo...delle mazzette di pelle. Le sfioravo, accarezzavo, aspiravo quell'odore di colla e additivi vari della pelle conciata...vitello spazzolato, nappa, cervo.
Le scarpe nascevano in un salone anni settanta mezzo vuoto, con la culla che era la fortezza dei giochi con  mia sorella e un giradischi che suonava Lucio Battisti.
Conservo qualche mazzetta e pezzi di pellame in una busta che non ho il coraggio di aprire. È presenza di te, papà.

giovedì 2 marzo 2017

Vestivamo Blumarine

Erano gli anni ' 80, gli armadi si riempivano di capi nuovi ad ogni stagione. Papà faceva la sua fiera a Riva del Garda e tornava a casa con grandi buste colme di maglieria, vestiti, capi originalissimi e griffati. Erano lontani gli anni dei calzettoni traforati, eravamo ufficialmente nella stagione del benessere ostentato. Di quegli anni ricordo l'immensa solitudine costellata di strass e perline ricamate ovunque.

martedì 28 febbraio 2017

La Zia Cia

Amavo specchiarmi nella tua toeletta, così la chiamavi.
Donna stupenda dal fascino intramontabile. Per te tanti uomini avevano perso la testa e tu l'avevi persa solo per lui, Antonio. Vi eravate rubati il cuore. Ricordo che odiavi i collant e portavi ancora il reggicalze. Il tempo e la vita ti hanno portata lontana da casa, a finire i tuoi giorni in Toscana, accanto alla tua amata figlia. Nella tua stanza dei bottoni e dei mille colori respiravo la tua malinconia e la tua fantasia. Eri una cuoca straordinaria del last-minute, correvi con un piatto di brodo in mano davanti alla tv per vedere la tua telenovela preferita. La protagonista era una donna bellissima e sola. Come te.

La Vitalina

Avevi un nome elegante che rispecchiava la tua figura di donna bellissima, tanto sofisticata quanto triste.
Di te ricordo lo sguardo malinconico, la voce bassa e sensuale, la sigaretta che stringevi tra le dita dalle unghie sempre smaltate di rosso, tanto che da bambina mi chiedevo se certe donne proprio non fossero nate per
fare i lavori di casa. Eri la cugina bella di papà, la mia madrina di battesimo. Conservo la tua collanina.

venerdì 24 febbraio 2017

Giocavamo a mamma e figlie

Aveva lunghi capelli lisci castani, li portava con la riga in mezzo. Esile e un sorriso dolcissimo. Indossava un paio di rayban in quella foto al mare, due zeppe altissime e una camicia.
Accanto a lei due bimbe abbronzatissime, chiome al vento.
Era una bimba tra noi figlie, la mia mamma.

mercoledì 22 febbraio 2017

La mamma di Marilina

Era una signora elegante e triste. Era venuta in vacanza giù da noi al mare. Non sorrideva mai. Aveva i capelli corti e biondi. Marilina, sua figlia, fu una do
lce compagna di giochi per me. Io avevo cinque anni, un costume da bagno intero turchese e una lunghissima coda. La mamma di Marilina aveva delle scarpe bellissime, colorate. Era l'unica cosa che testimoniava la sua presenza priva di parole e di partecipazione. Era vedova.

Le scarpe delle suore

Oggi mi è venuto in mente che persino le suore esercitano  la loro vanità nelle scelta delle scarpe. La divisa è uguale per tutte, ma è nella scelta delle scarpa che perfino il Vaticano ha lasciato margini di personalizzazione e guizzi di femminilità.
Suor Maria R. ne indossava un paio in pelle di capretto nera con un moderato tacco di 4 o 5 centimetri che le regalavano un'andatura da Madre Superiora. Un po' più in alto, con passo fermo e ticchettante. Completava  il look una calza velata grigia, coprente ma non troppo.

martedì 21 febbraio 2017

Marco P. Per tutti Calimero

Appartengo all'ultima generazione obbligata ad andare a scuola in primavera con i calzettoni di cotone bianchi, in filo di scozia.
Ricordo che lasciavano due dita di ginocchio scoperto dall'orlo del grembiule ceruleo, ma soprattutto stavano male con qualunque scarpa.
Oggi li ripenso con affetto indossando le mie parigine traforate...lo stile lo impari da grande.
Ringrazio Marco P., quel piccolo compagno di classe fastidioso e nero come Calimero per avermi fatta sentire inesorabilmente brutta con quelle scarpe e calzini.
Non sapeva che mi stava regalando . una passione .

A casa della nonna

Faceva freddo d'inverno a casa della nonna. Mamma ci metteva le calzamaglia di lana e nonna portava i calzini a costine sui collant color brodo.
Nel lettone mettevamo la borsa d'acqua calda tra le lenzuola ghiacciate.
Ricordo la coperta di lana Somma così pesante da non riuscire a girarmi. E i piedini per metà gelidi per metà bollenti.
Ricordo soprattutto una cosa: ero felice.